I compensi liquidati agli avvocati dalle compagnie assicurative sono utilizzabili ai fini del calcolo del reddito imponibile
La Cassazione, sez. VI tributaria, con l’ordinanza del 14.02.2014 n. 3445 ha stabilito che la documentazione rinvenuta presso gli uffici delle compagnie assicurative relativa ai compensi professionali liquidati agli avvocati nelle pratiche di sinistri (stradali) è utilizzabile al fine dell’accertamento dei redditi degli avvocati medesimi.
Gli Ermellini infatti, in accoglimento del ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate di Nola, hanno cassato la sentenza della Commissione Tributaria per la Regione Campania che aveva precedentemente accolto l’appello presentato contro la decisione di primo grado in un giudizio di opposizione ad un avviso di accertamento inerente l’Irpef, Irap ed IVA, emesso nei confronti del ricorrente, avvocato, attivo principalmente nel settore dell’infortunistica stradale. Il ricorso scaturiva dalle accertate irregolarità contabili riscontrate a carico del professionista da parte dei funzionari dell’erario attingendo informazioni da tabulati acquisiti presso alcune compagnie assicurative. Da detti tabulati emergevano somme percepite dal professionista a titolo di onorario, che tuttavia non erano state regolarmente contabilizzate in sede di dichiarazione dei redditi.
Sconfessando quanto stabilito dalla Commissione Tributaria Regionale, secondo la quale le pretese dell’Agenzia delle Entrate erano sguarnite di prova, la Cassazione, con l’ordinanza in questione – precisando preliminarmente che i tabulati acquisiti dall’ufficio accertatore dalle compagnie assicurative non dovevano essere consegnati al professionista per ragioni di privacy, ma semmai dovevano essere da quest’ultimo richiesti direttamente alle società assicurative -, ha invece affermato che “in tema di accertamento dell’imposta sui redditi ed al fine della determinazione sintetica del reddito annuale complessivo, secondo le previsioni del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38 – che consiste nell’applicazione di presunzioni semplici, in virtù delle quali (art. 2727 c.c.) l’ufficio finanziario è legittimato a risalire ad un fatto noto (nella specie, l’acquisizione di onorari da parte di clienti risarciti dalle compagnie assicurative) a quello ignorato (sussistenza di un certo reddito e, quindi, capacità contributiva) -, la presunzione semplice genera l’inversione dell’onere della prova, trasferendo al contribuente l’impegno di dimostrare che il dato di fatto sul quale essa si fonda non corrisponde alla realtà“. Prova che, nella controversia in argomento, il ricorrente non era stato in grado di fornire, non avendo quindi provato che il dato di fatto su cui si fondava la pretesa tributaria non corrispondeva alla realtà.
Cassando la sentenza di secondo grado, la Suprema Corte ha pertanto rinviato alla Commissione Tributaria campana per un nuovo esame, la quale dovrà conformarsi ai principi di diritto suindicati.